
LO STRUMENTO ARBITRALE NELL’AMBITO DEI RAPPORTI DI LAVORO DELLA LOGISTICA – ARBITRATO LAVORO
LO STRUMENTO ARBITRALE – ARBITRATO LAVORO
Lo strumento arbitrale nel panorama dei rapporti di lavoro rappresenta una grande occasione per tutti gli operatori del settore anche all’interno del mondo della logistica. Ecco come funziona
L’utilizzo dell’Arbitrato nell’ambito dei rapporti di lavoro per tutti coloro che operano nel settore della Logistica costituisce un grande opportunità a fronte dei non pochi vantaggi che questo istituto giuridico offre.
La rapidità con la quale alcune controversie possono trovare pronta soluzione, la garanzia di alto livello professionale e conoscenza della materia da parte degli Arbitri e l’elevato grado di riservatezza che accompagna l’utilizzo di tale strumento per risolvere eventuali controversie, sono solo alcuni dei principali tratti distintivi di questo metodo alternativo al tradizionale, lungo e dispendioso, iter giudiziario per risolvere controversie giuslavoristiche in uno dei settori chiave per il commercio nazionale e internazionale.
Per comprendere meglio l’argomento di cui si sta parlando, è necessario dapprima esaminare la nozione dell’istituto e della c.d. Clausola Compromissoria, in secondo luogo distinguere tra le forme di arbitrato rituale e irrituale.
In terzo luogo sarà utile evidenziare il carattere peculiare dell’arbitrato in materia di lavoro evidenziando la specifica norma del CCNL Trasporto e spedizione merci – Fai che rinvia alla Clausola Compromissoria per poi esaminare cosa significhi “certificare” una clausola compromissoria.
Le forme di arbitrato
L’Arbitrato Rituale si svolge come un vero e proprio giudizio, secondo le norme procedurali stabilite dalle parti nel compromesso o nella clausola compromissoria o in altro atto scritto successivo, purché anteriore al giudizio arbitrale. L’iter dell’arbitrato rituale si conclude con la formazione di un atto (lodo) che dalla data della sua ultima sottoscrizione ha gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria.
L’Arbitrato Irrituale o libero, ricorre quando le parti rimettono all’arbitro la risoluzione convenzionale della controversia. In questo caso il lodo non acquista valore di sentenza, ma di contratto, avente ad oggetto la risoluzione della controversia, stipulato dagli arbitri in luogo e su mandato delle parti. L’arbitrato irrituale o libero è regolato in generale dall’art. 808-ter del c.p.c. Con esso le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. È quindi irrituale quell’arbitrato nel quale le parti hanno stabilito di conferire agli arbitri un potere, per iscritto, di risolvere la controversia mediante un contratto.
Va anche ricordato che solo una espressa e specifica pattuizione delle parti può consentire la devoluzione delle controversie ad Arbitrato Lavoro irrituale e, pertanto, nel dubbio, l’arbitrato deve ritenersi essere rituale e di diritto.
Gli arbitrati irrituali in materia di lavoro
In questo particolare ambito del diritto con il quale le aziende si devono confrontare quotidianamente, la legge prevede l’esistenza delle seguenti tipologie di Arbitrato irrituale.
a) l’arbitratoin materia di impugnativa delle sanzioni disciplinari di cui all’ 7, sesto comma, L. 20 maggio 1970, n. 300;
b)l’arbitratodi cui all’ 5, L. n. 108/1990, in caso di impugnazione dell’atto di licenziamento ai sensi dell’art. 2 della legge predetta;
c)l’arbitratodi cui all’art. 412 c.p.c presso la commissione di conciliazione;
d)l’arbitratodi cui all’ 412-ter c.p.c previsto dai contratti collettivi;
e)l’arbitratodi cui all’412-quater c.p.c. innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato.
Tra le forme di arbitrato applicate ai rapporti di lavoro inclusi quelli del settore della Logistica, quella su cui è interessante fare alcune considerazioni più approfondite è proprio quella disciplinata ai sensi dell’art. 412-quater c.p.c. ovvero l’Arbitrato irrituale presso il collegio di conciliazione.
Tempi e modi del procedimento
La norma dispone che, ferma restando la facoltà di ciascuna delle parti di adire l’autorità giudiziaria, le controversie di lavoro possono essere proposte innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale.
Tale collegio è composto da un rappresentante (c.d. Arbitro) di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di Presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione.
La parte che intende ricorrere a tale collegio deve notificare all’altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio.
Il ricorso deve contenere:
- – la nomina dell’arbitro di parte
- – indicare l’oggetto della domanda
- – le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa
- – i mezzi di prova
- – il valore della controversia
- – entro il quale si intende limitare la domanda.
Il ricorso deve contenere il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa.
Se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro 30 giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l’altro Arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio.
Ove ciò non avvenga, la parte che ha presentato ricorso può chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.
In caso di scelta concorde del terzo arbitro e della sede del collegio, la parte convenuta, entro 30 giorni da tale scelta, deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l’indicazione dei mezzi di prova.
Entro 10 giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente può depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. Nei successivi dieci giorni il convenuto può depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva.
Il collegio fissa il giorno dell’udienza, da tenere entro 30 giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti, nel domicilio eletto, almeno dieci giorni prima.
All’udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione. Se la conciliazione riesce, si applicano le disposizioni dell’art. 411, commi 1 e 2, c.p.c. Se la conciliazione non riesce, il collegio provvede, ove occorra, a interrogare le parti e ad ammettere e assumere le prove, altrimenti invita all’immediata discussione orale.
La controversia è decisa, entro 20 giorni dall’udienza di discussione, mediante un lodo.
In pratica, devolvendo un contezioso in arbitrato irrituale di cui all’412-quater c.p.c. innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato, il tempo massimo per la relativa risoluzione, a partire da quando il ricorrente notifica all’altra parte il ricorso sottoscritto, è di 120 giorni.
Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, ha forza di legge tra le parti e ha efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., a seguito del provvedimento del giudice su istanza della parte interessata ai sensi dell’art. 825 c.p.c. Il lodo è impugnabile avanti al Tribunale in funzione di giudice del lavoro che decide in unico grado per i vizi indicati nell’art. 808-ter c.p.c.
Infine, va ricordato come la clausola compromissoria che prevede il ricorso all’arbitrato, a pena di nullità, deve essere certificata dalle commissioni di certificazione, che devono accertare, la effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le eventuali controversie nascenti dal rapporto di lavoro.
La clausola compromissoria non può essere pattuita e sottoscritta prima della conclusione del periodo di prova, ove previsto, ovvero se non siano trascorsi almeno trenta giorni dalla data di stipulazione del contratto di lavoro, in tutti gli altri casi.
La clausola compromissoria non può riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro: la materia dei licenziamenti resta, pertanto, esclusa dalla procedura arbitrale, che può riguardare soltanto altri aspetti del rapporto di lavoro.
Davanti alle commissioni di certificazione le parti possono farsi assistere da un legale di loro fiducia o da un rappresentante dell’organizzazione sindacale o professionale a cui abbiano conferito mandato.
a cura di Mario Fusani – Avvocato esperto di ARBITRATO IN DIRITTO DEL LAVORO