COME INTERVENIRE SULLA PARITA’ DI GENERE A LIVELLO AZIENDALE? |IL GIORNALE DELLA LOGISTICA
Nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere 2022, elaborato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, l’Italia si è posizionata al 14mo posto su 27 e secondo il Rapporto annuale del World Economic Forum, nel 2022 l’Italia risulta al 63mo posto su 146 Stati per gender gap.
Nel settore della Logistica, peraltro, le lavoratrici donne rappresentano solo 31% dei lavoratori mediamente impiegati, come anche è emerso dalla recente ricerca “Women4: superare le disparità di genere per un futuro del Lavoro Sostenibile”, condotta da Gi Group Holding e Fondazione Gi Group, nell’ambito dell’Osservatorio sul Lavoro Sostenibile (i cui esiti sono già stati pubblicati nel numero di gennaio-febbraio 2023 del Giornale della Logistica).
Ebbene, è evidente come non solo nella logistica, ma in generale, nel nostro paese, sia fortemente necessaria l’implementazione di misure concrete volte al raggiungimento di un’effettiva parità di genere, soprattutto, in quei settori, storicamente, a basso impiego femminile, probabilmente, anche per le caratteristiche tipiche delle mansioni prevalenti.
Rubrica "Il parere del legale"
L’INTERVENTO SULLA NOZIONE DI DISCRIMINAZIONE
Proprio in tale solco si inserisce la Legge del 5 novembre 2021, n. 162, recante “Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo”.
Tale provvedimento normativo interviene su due fronti:
- da un lato, in modifica del c.d. Codice delle pari opportunità,
- dall’altro, introducendo la Certificazione della parità di genere ed il relativo sistema premiale.
Per quanto riguarda alcune delle più rilevati modifiche al Codice, assai rilevante è quella volta all’integrazione dell’art. 25 e, quindi, ad un ampliamento delle nozioni di discriminazione, diretta ed indiretta.
Nello specifico, tale fattispecie viene ulteriormente estesa, anche a tutela dei candidati in fase di selezione del personale.
Infatti, come più volte ha avuto cura di sottolineare la Giurisprudenza, nazionale ed europea, anche la fase anteriore all’assunzione risulta essere interessata da preliminari forme di discriminazione.
Ciò costituisce elemento non di poco conto, se si considera la rilevanza che l’accesso al lavoro riveste nella vita personale di ciascun individuo.
Un altro importante intervento legislativo attiene alla specificazione della nozione di discriminazione che, oggi, si sostanzia non solo in ogni trattamento, bensì anche in ogni modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro.
La lavoratrice o il lavoratore, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, oppure in ragione della titolarità e dell’esercizio dei diritti, potrebbero trovarsi in almeno una delle seguenti condizioni:
a) svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
b) limitate opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
c) limitato accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.
LA CERTIFICAZIONE DELLA PARITA’ DI GENERE: QUALI SONO I PARAMETRI?
La seconda rilevante riforma operata dalla L. 162/2021 è l’introduzione, a decorrere dal 1 gennaio 2022, della Certificazione della parità di genere, volta ad attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro, per ridurre il divario di genere, in relazione: alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere ed alla tutela della maternità.
Ciò, peraltro, può consentire l’accesso a misure premiali, che saranno successivamente stabilite, quali:
- sgravi sui contributi previdenziali a carico del datore di lavoro nel limite dell’1% e di 50.000 euro annui per ciascuna azienda,
- punteggio premiale per la concessione di aiuti di stato e/o finanziamenti pubblici in genere.
Inoltre, nell’ambito dei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture, il possesso di una certificazione di parità di genere dal punteggio più alto determinerà un miglior posizionamento in graduatoria.
In applicazione di tale normativa, è stata, dapprima, elaborata la Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, pubblicata il 16 marzo 2022, contenente le “Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator – Indicatori chiave di prestazione) inerenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni” (la “Prassi”).
Successivamente, è intervenuto il D.P.C.M. n. 152/2022 che definisce, conformemente alla suddetta Prassi, i parametri per il conseguimento della Certificazione della parità di genere, rendendo pienamente operativo il relativo processo.
Inoltre, è stato istituito il Portale per la Certificazione di genere, che consente di consultare l’elenco degli enti certificatori e la lista aggiornata delle imprese italiane che hanno ottenuto la certificazione.
Le organizzazioni che adottano una politica di parità di genere globale, finalizzata a valorizzare e tutelare la diversità e le pari opportunità sul luogo di lavoro, devono definire un piano di azione per l’implementazione delle best prarctises necessarie.
Attraverso ciò, può essere sviluppato un modello gestionale che garantisca, nel tempo, il mantenimento dei requisiti, misurando l’avanzamento dei risultati, attraverso la predisposizione dei suddetti KPI.
Tra gli indicatori di riferimento (in totale 33) troviamo:
1. cultura e strategia o “clima aziendale”, ossia le azioni di integrazione e inclusione messe in campo sul luogo di lavoro;
2. governance, ossia le regole aziendali in merito a progressioni, possibilità di carriera o affidamento di ruoli strategici in egual misura per uomini e donne;
3. processi attuati dalle risorse umane: quali, ad esempio, quelli relativi all’organizzazione del lavoro, a partire dalle procedure di assunzione;
4. opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda;
5. equità remunerativa per genere;
6. tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro, ad esempio, in fatto di maternità, congedo parentale o altre misure similari.
Se il soggetto richiedente raggiunge almeno il 60% del massimo punteggio ottenibile tramite la combinazione dei KPI, ottiene il diritto a ricevere la Certificazione di parità di genere.
SISTEMA DI VERIFICA DELLA CERTIFICAZIONE DI PARTIA’ DI GENERE TRAMITE AUDIT
L’azienda, in ogni caso, deve pianificare, attuare e documentare un sistema di audit interni indirizzati alla verifica della reale ed efficace applicazione della parità di genere, nonché del rispetto delle istruzioni e procedure definite a tal fine.
Ogni anno, infatti, l’Ente di certificazione, tramite audit, verifica lo stato di fatto dell'azienda e l’applicazione nel tempo delle politiche di parità di genere nel senso del miglioramento continuo.
Gli audit sono attuati secondo le modalità definite dalla UNI EN ISO 19011, con team terzi ed indipendenti, bilanciati in termini di genere e formati da soggetti competenti sulla base di requisiti definiti dal sistema (es. corso UNI EN ISO 19011, esperienza minima in azienda, formazione sulla presente UNI/PdR e sul sistema di gestione aziendale), tra cui, un avvocato giuslavorista.
RAPPORTO BIENNALE OBBLIGATORIO PER AZIENDE OLTRE I 50 DIPENDENTI
Infine, la L. 162/2021, modificando l’art. 46 del Codice delle Pari Opportunità, ha introdotto, per le aziende con oltre 50 dipendenti, l’obbligo di redigere, ogni due anni, un Rapporto biennale pari opportunità, con la finalità di offrire una panoramica di come, in azienda, donne e uomini, vengono trattati, dal punto di vista salariale, professionale e non solo.
La mancata redazione di tale Rapporto, oltre a comportare l’eventuale applicazione delle sanzioni previste, può esporre l’azienda di medio-gradi dimensioni all’impossibilità di partecipare a gare pubbliche.
In questo senso, certamente, la Certificazione della parità di genere potrebbe essere un valido strumento per le grandi imprese per conformarsi a tale obbligo, con notevoli ripercussioni, in positivo, sulla propria competitività nel settore di riferimento.
IN CONCLUSIONE
Nel settore della Logistica, attualmente, la presenza femminile non è ancora mediamente conforme agli standards minimi, ma, soprattutto le grandi aziende, si stanno adoperando, grazie anche agli strumenti legislativi, per ridurre il gender gap e garantire equità e pari opportunità nel contesto aziendale.
La certificazione di parità di genere può sicuramente costituire un valido stimolo, oltre che un valore aggiunto per l’impresa anche in termini di competitività, inclusività, innovazione e migliore gestione dei processi decisionali.
Senza dimenticare che, il rispetto di standards minimi, in tal senso, potrebbe anche contribuire ad incrementare la dimensione internazionale del player, nei confronti di potenziali clienti.
Estratto dall'articolo pubblicato su "Il Giornale della Logistica"
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