DIRIGENTE AGRICOLO. RAPPORTO DI LAVORO, DEROGHE, CESSAZIONE E LICENZIAMENTO | L'ENOLOGO RIVISTA UFFICIALE DI ASSOENOLOGI
il CCNL Dirigenti dell'agricoltura detta le regole applicabili ai manager di molte aziende, tra cui anche le aziende vitivinicole e agrituristiche.
Il dirigente dell’agricoltura è sottoposto al potere direttivo del datore di lavoro e, pertanto, rientra nei rapporti di lavoro subordinati. Tuttavia, considerati gli ampi poteri di iniziativa e di autonomia nel proprio lavoro, tale ruolo, necessita di una specifica disciplina, prevista nel CCNL Dirigenti Agricoli, applicabile sia ad aziende vitivinicole che agrituristiche.
Anche i dirigenti hanno le loro specificità nell’ambito del rapporto di lavoro agricolo, così come anche le altre figure di inquadramento dei lavoratori subordinati: operai, impiegati, quadri e dirigenti, rimandando alla Legge e alla contrattazione collettiva la determinazione dei requisiti di appartenenza ad una o all’altra categoria.
LA PARTICOLARITA' RISPETTO AD ALTRI CONTRATTI
Il dirigente agricolo è un lavoratore subordinato, cioè sottoposto al potere direttivo del datore di lavoro, a cui però sono affidati ampi poteri decisionali e di gestione dell’azienda stessa. Per tali motivi, tale ruolo, necessita di una specifica disciplina, prevista nel CCNL Dirigenti Agricoli, applicabile sia ad aziende vitivinicole che agrituristiche.
Una delle più importanti deroghe rispetto alla disciplina legale, si riscontra già al momento dell’assunzione del dirigente. È, infatti, previsto che il dirigente agricolo possa essere assunto anche a tempo determinato per un periodo massimo di cinque anni, in deroga rispetto a quanto previsto dalla Legge. Non solo. La scelta di un contratto a termine può anche essere ancorata a ragioni legate alla stagionalità dell’attività dell’azienda.
CESSAZIONE, LICENZIAMENTO E MODALITA' DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE DEL DIRIGENTE
Le maggiori peculiarità del rapporto di lavoro del dirigente agricolo emergono proprio in relazione alla cessazione dello stesso.
Lo stretto legame fiduciario esistente tra dirigente e datore di lavoro, infatti, ammette che il rapporto possa essere risolto anche in assenza di un giustificato motivo, oggettivo o soggettivo, necessario invece in caso di licenziamento di operai o impiegati. Ciò comporta l’impossibilità per il dirigente di ottenere quelle tutele previste per gli altri dipendenti in caso di licenziamento illegittimo. Per procedere al licenziamento del dirigente, infatti, è sufficiente la rottura di quel legame di fiducia che lo unisce all’imprenditore e che è alla base della sua stessa nomina.
In tali casi, infatti, si parla di giustificatezza del licenziamento, consistente in qualsiasi fatto idoneo ad incidere negativamente sul rapporto di fiducia tra imprenditore e dirigente, essendo sufficiente, ai fini dell’indagine sulla sussistenza delle motivazioni, l’esclusione dell’arbitrarietà del comportamento del datore di lavoro. In ragione di tali particolarità, non trova applicazione per i dirigenti agricoli la disciplina, prevista in caso di licenziamento individuale dalla L.604 del 1966 nonché, in parte, dello Statuto dei Lavoratori.
Estratto dall'articolo pubblicato su L'ENOLOGO ON LINE - la rivista ufficiale di Assoenologi
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