Salario minimo in Italia
Il salario minimo IN ITALIA, la normativa ue, costi e beneficiari
L’espressione “salario minimo legale” indica la soglia numerica stabilita per legge al di sotto della quale non è consentito fissare la retribuzione del lavoratore.
Nonostante il salario minimo legale sia previsto in 21 Paesi dell’Unione Europea su 27, tra questi non figura l’Italia dove, in realtà, il dibattito sulla sua introduzione è ancora aperto.
Nel nostro Paese, infatti, i livelli retributivi per i rapporti di lavoro subordinato sono stabiliti dalla contrattazione collettiva, grazie ad un accordo tra associazioni datoriali e organizzazioni sindacali.
Il dibattito si concentra su due profili: se, da una parte, vi è la necessità di impedire l’erogazione di una paga eccessivamente bassa, dall’altra parte si riflette sugli eventuali impatti negativi.
Molti pensano che la sua introduzione metterebbe a rischio gli equilibri dei contratti collettivi, i quali, oltre a coprire il mondo del lavoro subordinato, variano in base al settore e al ruolo di interesse, adattandosi alle condizioni lavorative dei destinatari.
Le ragioni alla base della discussione sul salario minimo sono, quindi, principalmente storiche e sociali. Tuttavia, non bisogna tralasciare gli aspetti economici, che di seguito si riportano.
La normativa UE sul salario minimo
Il 12 luglio 2022 è stato raggiunto l’accordo tra le Istituzioni europee sulla direttiva relativa ai salari minimi adeguati che si propone di garantire condizioni di lavoro dignitose per tutti i lavoratori europei.
Invero, nel 2017, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno già definito alcuni principi fondamentali per un’Europa più equa e inclusiva, mediante il “pilastro europeo dei diritti sociali”.
Nello specifico, il sesto pilastro riguarda la fissazione di retribuzioni in maniera trasparente e prevedibile, garantendo salari minimi adeguati ai lavoratori per ridurre il divario retributivo di genere, sostenere la domanda interna e prevenire la povertà lavorativa.
L’introduzione della direttiva, quindi, realizza ciò che era stato già previsto dal pilastro: pur non obbligando tutti gli Stati membri a prevedere salari minimi legali, la normativa punta a rafforzare il dialogo sociale attraverso il coinvolgimento degli agenti negoziali sull’aggiornamento e sull’attuazione dei salari minimi legali.
A tal proposito, nel 2020 la Commissione ha realizzato una valutazione sugli eventuali impatti negativi dell’adozione dei salari minimi legali in Europa: è emerso che un ipotetico aumento dei salari fino al 60% comporterebbe una riduzione del 10% della povertà lavorativa, oltre a migliorare anche il ricorso in materia di incentivi al lavoro.
Tale valutazione tiene conto dell’importante ruolo che ricopre la contrattazione collettiva e, pertanto, richiede un’attenzione maggiore delle parti sociali nel monitoraggio e nell’adeguatezza delle retribuzioni alle mansioni svolte.
La direttiva, dunque, non fissa un salario minimo per tutti gli Stati, ma chiede la creazione di un quadro normativo chiaro e trasparente che preveda periodicamente l’aggiornamento degli standard retributivi, adeguati alle circostanze reali, affinché vi siano condizioni di vita e di lavoro dignitose per tutti i lavoratori europei.
Costi e beneficiari del salario minimo
L’ammontare del salario minimo non è il medesimo per tutti i Paesi che lo hanno adottato.
Il calcolo viene effettuato sulla base di parametri come il PIL, l’andamento generale dell’economia, la produttività del Paese e l’indice dei prezzi al consumo. Tali parametri devono essere monitorati costantemente per poter modificare la soglia numerica in base alle circostanze reali; pertanto, sarebbe difficile adoperare una stessa misura per tutti gli Stati.
In Italia la paga lorda oraria percepita dai lavoratori dipendenti dei settori privati non agricoli è in media di circa 11,20 euro.
Il disegno di legge Catalfo (DDL n. 658 del 2018), invece, attualmente in corso di esame nella commissione Lavoro del Senato, ha stabilito una soglia minima oraria di 9 euro lordi, applicabile ai rapporti di lavoro subordinato e di collaborazione coordinata e continuativa, da rimodulare in maniera proporzionale ai diversi gradi di professionalità.
Tale somma si applicherebbe qualora i contratti collettivi prevedessero un trattamento economico inferiore ai 9 euro.
La fissazione di questa misura è la conseguenza della necessità di superare le attuali disuguaglianze: i dati ISTAT, infatti, riportano che in Italia il 20% dei rapporti di lavoro prevede una retribuzione oraria inferiore a 9 euro lordi, soprattutto per i lavoratori agricoli e domestici, e in particolar modo per le donne e per i giovani under 29.
Secondo uno studio dell’INAPP, i beneficiari del salario minimo sarebbero circa 2,6 milioni di lavoratori, di cui 1,9 milioni sono lavoratori a tempo pieno e circa 680.000 lavoratori a tempo parziale.
Per ambedue le tipologie contrattuali, il costo totale per le imprese ammonterebbe a 6,7 miliardi di euro.
Tuttavia, le spese maggiori dovrebbero essere sostenute dalle aziende del Mezzogiorno, dove attualmente la maggior parte dei lavoratori percepisce la retribuzione oraria più bassa sul territorio nazionale.
Al contempo, se la contrattazione collettiva intendesse mantenere le tabelle retributive per i vari livelli di inquadramento contrattuale, il salario minimo inciderebbe anche sulle retribuzioni dei livelli non interessati direttamente, dal momento che l’aumento della retribuzione di un livello contrattuale inferiore, comporterebbe di conseguenza l’aumento della retribuzione dei livelli superiori.
CONCLUSIONI
La discussione sull’introduzione del salario minimo legale ruota intorno alla garanzia di un reddito dignitoso per tutti i lavoratori e, al contempo, al possibile squilibrio per la contrattazione collettiva.
In una società dove vi sono forti disuguaglianze, sia a livello lavorativo sia a livello sociale, è chiaro che tale strumento risulta efficace e di applicazione immediata.
Tuttavia, bisogna tener conto di tanti fattori per poter fissare una determinata soglia numerica e applicarla a tutti i lavoratori.
La regolamentazione delle condizioni di lavoro di molti lavoratori resta, ad oggi, affidata alle parti sociali che garantiscono il rispetto dei minimi salariali contrattuali, affinché vi sia il rispetto di una retribuzione “sufficiente e proporzionata” come stabilito dalla nostra Costituzione.
Pertanto, le trattative segnano un momento fondamentale per tutti gli agenti negoziali coinvolti: non solo vengono definiti i livelli retributivi, ma essi regolamentano tutti gli aspetti essenziali di un rapporto lavorativo.
MAGGIORI INFORMAZIONI SU QUESTO TEMA
I nostri contributi hanno lo scopo di informare e fornire aggiornamenti, ad aziende ed associazioni, per comprendere ed affrontare i cambiamenti del mondo del lavoro e societario.
Ogni tema merita di essere affrontato e approfondito tenendo conto delle esigenze di ogni singola realtà aziendale.
Per questo motivo ci rendiamo disponibili a fornire maggiori informazioni sui temi trattati.
CONTATTACI
Se desideri semplicemente restare aggiornato sui temi del diritto del lavoro e sindacale, diritto commerciale e societario
Seguici sui nostri canali social Linkedin | Twitter
Iscriviti alla Newsletter qui