Le nuove regole per i lavoratori sportivi
LE NUOVE REGOLE PER I LAVORATORI SPORTIVI – D.lgs n. 163 del 5 ottobre 2022
Il 17 novembre 2022 è entrato in vigore il D.lgs n. 163 del 5 ottobre 2022, intervenendo nuovamente sulla disciplina del rapporto di lavoro sportivo.
Le nuove norme, molte delle quali entreranno in vigore dal 01 gennaio 2023, rappresentano l’ultimo atto di una riforma del settore sportivo partita nel 2019.
La precedente disciplina del rapporto di lavoro sportivo
Prima della riforma (rectius delle riforme) del 2019, tra i lavoratori sportivi vi era una grande divisione tra professionisti e dilettanti.
Soltanto i professionisti, infatti, potevano essere considerati dei veri e propri lavoratori, dato che la Legge n.91 del 1981 qualificava come subordinato esclusivamente il rapporto di lavoro di atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici professionisti.
La prestazione dei c.d. dilettanti invece non potevano essere oggetto di alcun rapporto di lavoro.
Ai massimi enti di ciascuna disciplina sportiva veniva, poi, delegato il compito di determinare se l’attività dei propri tesserati poteva ritenersi professionistica oppure dilettantistica.
Per molteplici ragioni, in Italia, le discipline sportive professionistiche sono sempre state in netta minoranza. Si pensi che, ad oggi, gli sport professionistici sono solo quattro (calcio, pallacanestro, ciclismo e golf) e tra questi alcune discipline, per molto tempo, hanno previsto il professionismo solo per alcune categorie di sportivi.
In tal senso è emblematico il caso del calcio, per cui era previsto il professionismo solo per le tre principali categorie maschili di vertice, restando, quindi, esclusi gli sportivi, pur in competizione nelle massime serie nazionali, di sesso femminile o che praticavano varianti diverse del medesimo sport (c.d. calcio a 5).
A seguito delle deleghe del 2019, il Governo nel 2021 è intervenuto con una prima modifica alla disciplina del rapporto di lavoro sportivo. Nello specifico il D.lgs. 36/2021 ha ampliato la definizione di lavoratore sportivo, includendovi, oltre alle figure indicate in precedenza, anche gli istruttori e i direttori di gara.
La novità più grande, tuttavia ha riguardato il fatto che tali figure sono considerati lavoratori sportivi a prescindere da qualsiasi distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, purché esercitino l’attività sportiva in modo continuativo, verso un corrispettivo e al di fuori delle prestazioni amatoriali.
Oltre ad estendere la platea dei possibili lavoratori sportivi, la riforma del 2021 ha, per la prima volta, superato la dicotomia tra professionismo e dilettantismo, incentrando la qualificazione del rapporto di lavoro su due criteri:
- l’attività deve essere svolta in modo continuativo;
- deve essere previsto un corrispettivo per tale attività sportiva.
Rimane, in ogni caso, la figura dell’”amatore”, colui cioè che pratica sport per diletto e non come attività principale.
Non solo. Qualora ne ricorrano i presupposti, secondo il D.lgs. 36/2021, l’attività lavorativa sportiva era previsto che potesse essere oggetto di un rapporto di lavoro subordinato o di un rapporto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, o, infine, essere oggetto di prestazione occasionale.
La nuova disciplina del lavoro sportivo
Il 17 novembre 2022 è entrato in vigore il nuovo decreto legislativo 163/2022, quale correttivo dei precedenti interventi, che ha fissato i nuovi parametri per il lavoro sportivo dal 1 gennaio 2023.
In primo luogo viene nuovamente ampliata la platea dei soggetti che possono essere definiti lavoratori sportivi, includendovi “ogni tesserato, ai sensi dell’articolo 15, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale”.
Il legislatore, dunque, ha preferito abbandonare la tecnica dell’elenco tassativo, preferendo una definizione aperta in cui possano rientrare varie figure professionali del settore, purché rispondano ai criteri fissati dagli enti e società sportive.
Restano, ovviamente, esclusi i lavoratori che svolgano mansioni amministrative e di gestione.
La prestazione del lavoratore sportivo, dunque, continuerà ad essere oggetto di un rapporto di lavoro subordinato.
Per i dilettanti, invece, è prevista una presunzione di contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, qualora ricorrano i seguenti requisiti:
1) la durata delle prestazioni, pur svolte continuativamente, non dovrà superare le 18 ore a settimana, escluso il tempo dedicato alla partecipazione alla manifestazione sportiva;
2) le prestazioni sportive siano coordinate, sotto il profilo tecnico-sportivo, in conformità a quanto previsto dagli enti sportivi che regolano la disciplina.
Oltre a queste ultime due tipologie di rapporto di lavoro, poi, viene introdotta un’ulteriore figura: quella del “volontario”.
Nella sostanza, tale nuova figura sostituisce quella dell’amatore. Ed, infatti, è previsto che i volontari non percepiscano alcun compenso derivante dall’attività sportiva, esclusi i rimborsi spesa per vitto e alloggio in caso di partecipazioni a manifestazioni sportive fuori dal comune di residenza.
Dal 1 gennaio 2023, dunque, coesisteranno tre diverse figure: il lavoratore sportivo professionista, che verrà assunto con contratto di lavoro subordinato, lo sportivo dilettante, la cui prestazione si presumerà oggetto di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e, infine, il volontario, la cui prestazione non sarà oggetto di rapporto di lavoro.
Un ultima rilevante novità, poi, riguarda l’abolizione del c.d. vincolo sportivo, istituto volto a limitare la circolazione degli sportivi in assenza del benestare della società di sportiva di provenienza.
Per far fronte alle eventuali conseguenze che tale ultima novità potrà avere sul sistema, è comunque previsto un premio per le società, professionistiche o dilettantistiche, che avranno contribuito alla formazione dello sportivo.
L’Arbitrato lavoro nel settore sportivo
All’esito di tutte le riforme riportate, una delle previsioni rimaste invariate dalla Legge n.91 del 1981 è la previsione dell’Arbitrato quale sistema di risoluzione delle controversie relative al rapporto di lavoro tra sportivo e club.
La possibilità di prevedere, nei contratti di lavoro tra professionisti e società sportive, infatti, è stata ribadita anche all’interno del D.lgs. 36/2021. Ad oggi, infatti, l’arbitrato costituisce il principale strumento per la risoluzione delle controversie di lavoro tra sportivi professionisti e società.
Ciò in quanto, con il tempo, la contrattazione collettiva del settore e le varie Federazioni hanno imposto un vero e proprio obbligo tale per cui le controversie giuslavoristiche dovranno obbligatoriamente essere rimesse al giudizio arbitrale (come avviene ad oggi nel calcio professionistico).
L’Arbitrato applicato ai rapporti di lavoro, dunque, costituisce una realtà ormai consolidata sia a livello nazionale sia a livello internazionale e le ragioni dell’efficacia di tale binomio sono rintracciabili principalmente nella natura del lavoro sportivo.
Il rapporto di lavoro sportivo, infatti, è un rapporto di lavoro speciale, in quanto, pur essendo presenti molti degli elementi essenziali di ogni rapporto di lavoro, la sua disciplina è, per diversi aspetti, differente da quella comune data la necessità di contemperare le esigenze di tutela dei lavoratori con altri interessi anche di carattere sportivo.
Per tale ragione, è necessaria una giustizia altrettanto particolare che tenga conto delle peculiarità del rapporto di lavoro in oggetto.
La scelta dell’Arbitrato è stata, e probabilmente sarà, legata anche a ragioni connesse alla velocità del procedimento nonché all’alto tasso di tecnicità dello stesso.
Riguardo al primo aspetto, infatti, è doveroso sottolineare che tutte le competizioni sportive, sono caratterizzate da tempi rapidi. La risoluzione delle relative controversie lavorative, dunque, dovrà essere caratterizzata dalla medesima velocità.
La giustizia sportiva, inoltre, richiede un elevata conoscenza non solo della materia giuridica del contendere, ma anche delle dinamiche sportive sottese alla stessa.
Un Giudice ordinario, pertanto, per avere un quadro completo della situazione dovrebbe necessariamente affidarsi ad esperti del settore e a consulenze specifiche, con la conseguenza di dilatare ulteriormente le tempistiche processuali.
La possibilità di nominare arbitri che siano esperti sia di diritto del lavoro che di diritto sportivo, invece, permette di arrivare ad una decisione ponderata e in tempi brevi.
Alla luce di tutto quanto fin qui esposto, dunque, la scelta di devolvere ad un Collegio arbitrale la risoluzione delle controversie giuslavoristiche, è risultata, nel tempo, vincente.
Per tali ragioni non è possibile escludere che l’Arbitrato lavoro nel settore sportivo venga esteso anche oltre i confini del rapporto di lavoro dei professionisti, raggiungendo anche i rapporti di lavoro dei dilettanti.
Qualora dovesse essere così, la scelta delle Parti di optare per tale metodo di risoluzione delle controversie, non potrebbe che portare benefici al mondo dello Sport, anche alla luce delle radicali riforme prospettate.
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