COMMENTO AL DECRETO EX ART. 99 L.F. DEL TRIBUNALE DI GENOVA TRA FALLIMENTO E FAMIGLIA ESISTONO I CREDITI CONDIZIONALI

Il Decreto del Tribunale di Genova che ci apprestiamo a commentare, trae origine da una opposizione allo stato passivo di un Fallimento.

Nello specifico, Il Tribunale di Genova ha dichiarato il fallimento di A. B., ed aperta la procedura, il giudice delegato, nella fase di accertamento dello stato passivo, decidendo sull'istanza di ammissione depositata da S. I., in proprio e quale esercente la patria potestà sulle minori S. B. e S. B. ha ammesso il credito di S. I. sino ad allora maturato pari ad € 2.400,00 al passivo del fallimento in via privilegiata ai sensi dell'art. 2751 n. 4 c.c., con esclusione delle prededuzioni, non trattandosi di crediti sorti in occasione o in funzione della procedura.
Con ricorso ex art. 98 e 99 L.F. del 20 luglio 2012 premesso che con verbale del 18 novembre 2011 omologato in data 29 novembre 2011 i coniugi S. I. e A. B. si separavano consensualmente prevedendo nelle condizioni di separazione, tra le altre, l'obbligo del marito di corrispondere alla moglie a titolo di contributo al mantenimento delle figlie la somma di € 600,00 mensili, nonché per il mantenimento della moglie la somma di € 200,00 e quindi complessivamente € 800,00 oltre adeguamento Istat, ritenendo che il Tribunale abbia errato nel non ammettere al passivo del fallimento anche il credito futuro rappresentato dagli assegni di mantenimento, nonché dalla quota del 50% delle spese straordinarie a favore delle figlie che nel tempo sarebbero maturate, trattandosi di crediti già sorti alla data di dichiarazione del fallimento ma "condizionali".
Il fallimento, costituitosi tempestivamente, nella memoria difensiva eccepiva, quindi, che il diritto all'assegno di mantenimento vantato da S. I. in proprio favore ed in favore delle figlie non avrebbe potuto essere ascritto alla categoria dei crediti "condizionali", che partecipano al concorso ai sensi degli artt. 96, 113 e 113bis L.F., dal momento che non si trattava di crediti sottoposti a condizione, quanto piuttosto di crediti futuri, oggi non ancora esistenti ed in parte incerti in relazione alla loro insorgenza, soprattutto con riferimento alla quota delle spese straordinarie, che per definizione non sono prevedibili nel loro ammontare. L'incertezza relativa sia all'an che al quantum dei crediti in contestazione ne impediva pertanto, l'ammissione al passivo del fallimento.
Nel provvedimento in esame si possono rilevare tre questioni giuridiche.
La prima, e la più rilevante, concerne i crediti condizionali.
Sul punto va detto che il diritto all'assegno di mantenimento può essere infatti ascritto alla categoria dei crediti "condizionali", che partecipano al concorso ai sensi degli artt. 96, 113 e 113bis L.F., dal momento che si tratta di crediti sottoposti a condizione, ma nel caso specifico, quantificati e certi nella loro insorgenza mensile allo stato degli atti.
Eventuali modifiche che dovessero intervenire consentiranno una loro parziale ammissione nella misura ridefinita.
Va detto che tali creditori hanno diritto ad insinuarsi in un eventuale fallimento come gli altri, ma, a differenza degli altri creditori, il loro credito non è certo perché sottoposto a condizione sospensiva.
Per questo motivo la Legge Fallimentare dispone che questi crediti siano ammessi "con riserva", ovvero che le somme loro destinate non sono distribuite, neppure parzialmente, sino a quando non si sia verificata la "condizione".
Nel caso in cui la condizione sospensiva si avveri, tali soggetti, riceveranno le somme loro riservate;
La regola dell'ammissione con riserva non vale per i crediti sottoposti a condizione risolutiva, e ciò perché tali crediti, fino a quando non si verifica la condizione risolutiva, sono crediti validi ed efficaci, al pari degli altri, ma se si avvera la condizione risolutiva, dopo che vi sia stata la ripartizione finale, tali creditori si vedranno esposti alle azioni recuperatorie che potranno essere esercitate dagli altri creditori o dal fallito.
Ora, continuando ad analizzare questa categoria di crediti va detto che va fatta un'altra distinzione tra i creditori eventuali rispetto a quelli condizionali. I crediti condizionali, infatti, sono i crediti già sorti e subordinati ad un evento futuro ed incerto da cui ne dipende l'efficacia.
La formula apparentemente sembra chiara, ma le difficoltà sorgono per la sua applicazione concreta. In sede fallimentare, prima della riforma, ancorché nessun elemento significativo poteva trarsi dall'art. 95 l.f. il disposto dell'art. 113, comma 1, n. 3, l.f. (testo originario), nel fare riferimento "ai creditori i cui crediti sono soggetti a condizione sospensiva non ancora verificata", rendeva evidente che la nozione di credito condizionale andava disegnata facendo riferimento ad un credito già esistente quanto al titolo, ma sottoposto ad una condizione non ancora realizzata.
Anche dopo la riforma non dovrebbe dubitarsi che per crediti condizionali si debbano intendere quei crediti che sono soggetti ad una condizione ai fini della loro esigibilità e non della loro esistenza: l'art. 113-bis l.f., infatti, nel riferirsi ai crediti ammessi con riserva, espressamente contempla l'ipotesi che si verifichi "l'evento che ha determinato l'accoglimento di una domanda con riserva".
D'altronde, in dottrina, si è detto che l'art. 55 l.f., in occasione della riforma della legge fallimentare, ha subito una modifica assai modesta, limitata al suo ultimo capoverso, che è stato oggetto di raccordo con le altre disposizioni di rinvio.
Affinché, dunque, un credito possa essere ammesso al passivo come credito condizionale, è necessario che la fattispecie costitutiva dello stesso si sia già interamente realizzata, anche se il credito, già sorto, non sia ancora divenuto esigibile perché la sua esigibilità è subordinata al verificarsi della condizione.
La giurisprudenza, in linea con questo orientamento, ha distinto tali crediti da quelli cosiddetti futuri ed eventuali, ossia quelli per i quali, ad esempio, il pagamento assurga ad elemento costitutivo e non di mera esigibilità del credito, come nel caso del credito dell'acquirente rispetto al quale il fallito si fosse assunto l'onere del pagamento dei contributi di urbanizzazione, dei quali venga poi contestata l'esistenza. Guardando però alla giurisprudenza precedente è possibile constatare un diverso orientamento.
Per esempio il Tribunale di Milano con decreto 5 febbraio 2008 ha preso una decisione che prevede il mantenimento non opponibile alla procedura concorsuale.
Il giudice di Milano è stato adito dalla moglie, separanda, che si è vista respingere dal giudice delegato due domande di insinuazione al passivo del fallimento del marito. Premesso, infatti, che pendeva giudizio per la cessazione degli effetti civili del matrimonio e che, in tale ambito, le era stato provvisoriamente riconosciuto il diritto ad un assegno mensile di mantenimento di €. 1.000,00, la stessa domandava di essere ammessa al passivo del fallimento in via privilegiata "per € 3.000,00 per i ratei di mantenimento non corrisposti per i mesi di novembre e dicembre 2006 e gennaio 2007, con ordine al curatore di provvedere al pagamento dell'assegno mensile di mantenimento", nonché "in via condizionale privilegiata (...) per € 200.000,00 o nella diversa misura che verrà stabilita in sede di divorzio, quale 40% dell'indennità di fine rapporto percepita dalla R. e da accertare con autonomo giudizio di accertamento nei confronti della R.". Il giudice delegato respingeva tali domande evidenziando, con riferimento all'indennità di fine rapporto, che il relativo diritto spetterebbe solo al coniuge divorziato e che tale non fosse ancora l'istante e, con riferimento all'assegno mensile preteso in relazione a periodi successivi alla dichiarazione di fallimento, che il relativo debito non fosse opponibile alla massa. La moglie proponeva pertanto opposizione allo stato passivo, insistendo sulle domande formulate.
Il Tribunale di Genova con il Decreto in esame si scosta da questo orientamento, permettendo alla ricorrente di insinuarsi al passivo del fallimento del coniuge che viene obbligato a corrispondere una somma periodica di denaro per gli importi successivi alla data del fallimento relativamente al diritto all'assegno di mantenimento quale credito "condizionale" che partecipa al concorso ai sensi degli artt. 96, 113 e 113bis L.F. sebbene i coniugi non siano ancora divorziati.
La seconda riguarda i crediti futuri. Si tratta della quota del 50% delle spese straordinarie a favore delle figlie che nel tempo potrebbero maturare. Sono crediti futuri, non ancora esistenti ed incerti in relazione alla loro insorgenza, le spese straordinarie, per definizione non prevedibili nel loro ammontare.
La terza è relativa proprio alle spese straordinarie. Si tratta di una materia nella quale la distinzione tra spese straordinarie e non straordinarie non è accompagnata da chiare indicazioni di legge. Tanto che sul punto si scatenano spesso le liti tra i genitori: questo perché sovente accade che il genitore convivente con il figlio anticipi le somme per coprire una spesa per il minore e poi chieda all'altro genitore il rimborso al 50 per cento. Per porre alcuni "paletti" e capire quali sono le spese per i figli coperte dall'assegno mensile di mantenimento e quali sono le spese che, invece, richiedono un' integrazione ulteriore e legittimano le richieste di rimborso occorre rifarsi alle pronunce dei giudici. La Corte di Cassazione, con tre pronunce, ha chiarito che cosa si deve intendere per spese straordinarie. Si tratta delle spese che conseguono a eventi eccezionali della vita dei figli, con particolare riferimento alla loro salute (Cassazione 19 luglio 1999 n. 7672); ovvero delle spese che servono per ovvero delle spese che servono per soddisfare le esigenze saltuarie (vale a dire non continuativa) e imprevedibili dei figli (Cassazione 13 marzo 2009 n. 6201); infine, sono straordinarie le spese che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità, esulano dall'ordinario regime di vita dei figli, considerato, anche, il contesto socio-economico in cui sono inseriti (Cassazione 8 giugno 2012 n. 9372).
In conclusione anche questa pronuncia affronta i molti aspetti problematici che nasconde il rapporto tra famiglia e fallimento e le difficoltà che sussistono nel dare una risposta ai dubbi che le fattispecie concrete lasciano emergere di volta in volta.
La difficoltà verte soprattutto nel bilanciare da un lato gli interessi familiari e dall'altro le logiche creditorie.
La pronuncia del Tribunale di Genova opta per la difesa e la tutela dei diritti della famiglia.
Si tratta di una scelta, va ricordato, che avviene in assenza di una normativa chiara e unitaria.
Il legislatore, infatti, non ha fatto registrare alcun intervento diretto volto a privilegiare i diritti della famiglia su quelli dei creditori.
La materia oggetto della decisione, resta unicamente disciplinata dalla Legge Fallimentare, nella quale, si riscontrano sia disposizioni volte a proteggere la famiglia dal fallimento (art. 46), sia, al contrario, disposizioni volte a proteggere il fallimento dai diritti della famiglia (artt. 69 e 70).
In questo contesto, quindi, come spesso accade, è ancora una volta la giurisprudenza a prendere una decisione dopo un opportuno bilanciamento degli interessi contrapposti, determinato dall'assenza di un risolutivo intervento del legislatore.

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